di storia
di Rovereto
Questo primo volume (383 pagine) copre gli anni 1939, 1940 e 1941. Ci mostra un fascismo ancora tronfio e impettito e le prime immagini di una guerra che si vorrebbe tenere lontano. Al di là dei confini. Dal capitolo dedicato al 1939 emergono le prime storie. Quelle degli “spagnoli”. Cinquanta, forse sessanta emigrati trentini che scelgono di combattere in Spagna contro l’esercito del generale Franco, appoggiato da fascisti e nazisti e, dopo interminabili e dolorose vicissitudini, finiscono col morire prigionieri nei lager tedeschi. O quelle di Evangelici e Testimoni di Geova, perseguitati per il loro credo. Il 10 giugno 1940 Mussolini annuncia che anche l’Italia è entrata in guerra. Ai ritratti fotografici che i soldati si fanno fare in studio per regalarli poi alla mamma e alla morosa, cominciano a sostituirsi le immagini, meno curate ma molti più efficaci e “vere”, che arrivano dai fronti dove si combatte: dalle Alpi francesi, dall’Albania, dalla Jugoslavia, dall’Africa. E compare la rappresentazione fotografica della morte sui campi di battaglia, ma è ancora solo quella del nemico ucciso. Nelle città e nelle valli la vita sembra scorrere normalmente, non fosse che le foto ritraggono solo donne, bambini e vecchi. E non fosse che nelle case cominciano a giungere notizie di prigionia e di morte.
Ha richiesto cinque anni di lavoro la nuova opera del Laboratorio di storia di Rovereto: tre volumi per oltre 1400 pagine unite sotto il titolo Il diradarsi dell’oscurità che raccontano il Trentino e i trentini nella seconda guerra mondiale. Così come è stato con Il popolo scomparso, il fotolibro sulla prima guerra mondiale, uscito nel 2003, il Laboratorio è stato ancora una volta gruppo di ricerca, collettore di storie, documenti e testimonianze, spazio di confronto e discussione con studiosi e ricercatori, motore di un’estesa rete di collaborazioni. Ma anche luogo di studio e di scrittura. La ricerca si è svolta a tutto campo: dagli archivi pubblici (73 sono quelli da cui abbiamo attinto) a quelli privati (più di 300), da quelli trentini a quelli italiani, a quelli esteri (Germania, Francia, Gran Bretagna, Russia, Stati uniti, Svizzera, Sud Africa, Australia); dalle fonti iconografiche (più di 15.000 fotografie) a quelle documentarie, da quelle bibliografiche a quelle memorialistiche, a quelle orali. Così è nato Il diradarsi dell’oscurità . L’opera funziona come una scatola cinese: c'è un racconto fotografico, fatto di circa 3.600 fotografie e scandito cronologicamente, che mette a confronto visivo gli eventi bellici (la guerra sui fronti, poi la guerra in casa) con lo scorrere della vita politica, economica e civile, ed è accompagnato e commentato da frammenti di diari e lettere conservati nell'Archivio della scrittura popolare di Trento. Da esso fuoriescono 80 storie, individuali e collettive, spesso sconosciute e scelte per la loro emblematicità (fra le molte che si prestavano), raccontate attraverso altre immagini, documenti, testimonianze e testi del Laboratorio. E, ancora, una trentina di album fotografici di soldati, di tedeschi, di civili. Quattro album con gli straordinari disegni eseguiti da artisti trentini durante la prigionia. Una raccolta di documenti cinematografici. La scelta di intersecare questi tre livelli – la sequenza fotografica, le storie emblematiche, le storie fotografiche e i disegni – è un modo per rendere la complessità e l'inestricabilità dell'esperienza di guerra, e il suo procedere, che dà forma al libro.Così come è stato per tutte le precedenti iniziative, anche in questa occasione il Laboratorio ha avuto come partner organizzativi il Comune di Rovereto, il Museo storico italiano della guerra di Rovereto, la Fondazione Museo storico di Trento e la Provincia autonoma di Trento. I volumi sono editi da Egon.